In vista del Consiglio europeo del 23 aprile e delle importanti decisioni che sono all’ordine del giorno, il MFE ha preparato un breve Memorandum indirizzato al Presidente del Consiglio Conte che ha come primi firmatari anche l’on. Tabacci per l’Intergruppo federalista alla Camera e il Sen. Nannicini. In queste ore è inoltre in corso la raccolta di adesioni tra i parlamentari, che renderemo pubblica prima di martedì.
Il Movimento Federalista Europeo saluta con sollievo la conclusione raggiunta dai Ministri delle finanze dell’Area Euro e la risposta unitaria e consistente alla crisi che ne scaturisce. Tuttavia, ritiene altrettanto importante valutare tali misure anche nel medio periodo, per capire se, oltre ad offrire una soluzione immediata all’emergenza, aprono anche la via a quel rafforzamento strutturale dell’Unione europea, dei suoi strumenti di intervento comuni, della sua capacità di azione che la gravità del momento rende indispensabile.
In momenti come questo di grande emotività ed anche di irrazionalità, notizie false, distorsione dei fatti, è opportuno anzitutto far chiarezza su quel che è stato fatto finora dalle Istituzioni europee per rispondere alla doppia crisi, sanitaria ed economica. Senza nascondere qualche errore e soprattutto i limiti imposti dai Trattati all'azione dell'Unione. E' quanto cerca di fare in questo video di 18 minuti Giorgio Anselmi, Presidente del Movimento Federalista Europeo.
Il Movimento federalista europeo, nelle persone del Presidente e del Segretario nazionali, ha sottoscritto l'appello promosso da Roberto Castaldi e Daniel Innerarity.
L'appello è stato firmato, già il primo giorno, da oltre 400 personalità europee, tra cui Romano Prodi, Enrico Letta, José Luis Rodríguez Zapatero, Pascal Lamy.
Sul sito del CesUE è possibile sottoscrivere l'appello e consultare la lista aggiornata delle adesioni.
Comunicato del MFE
Il dramma umanitario che si sta consumando in questi giorni al confine tra Grecia e Turchia mette di nuovo gli europei di fronte alla questione irrisolta della (non) gestione dei flussi migratori e alle sue terribili conseguenze.
Cinque anni fa, i governi nazionali europei, incapaci di gestire in modo unitario l’emergenza generata dagli ingenti flussi di rifugiati che dalla Turchia si riversavano in Grecia e lungo la rotta balcanica, hanno sottoscritto un accordo con la Turchia di Erdogan, esternalizzando le pratiche di accoglienza o respingimento dei rifugiati. L’UE e gli Stati membri sono stati disposti a spendere miliardi di euro e a fingere di non vedere la precarietà e le conseguenze di questo accordo, pur di non farsi carico del problema. Questa soluzione ha così concesso alla Turchia un'arma di ricatto nei confronti dell’Unione europea, mettendo a nudo il prezzo che gli Europei pagano, in termini morali e politici, per il fatto che l’Unione continua ad essere ostaggio degli interessi nazionali dei suoi Stati membri.
In questi cinque anni gli Stati membri non sono riusciti a fare neanche un minimo passo per superare questa situazione: né per creare gli strumenti necessari ad affrontare congiuntamente una nuova ondata migratoria, né per porre le basi di una politica estera unica in grado di dare all’Europa la capacità di agire per risolvere le crisi ai suoi confini e di essere un attore globale in grado di affermare concretamente i valori della libertà e dei diritti umani. Proprio perché continua a fondarsi sullo strapotere dei governi nazionali all’interno del Consiglio, l’UE arriva al punto di sconfessare sia i propri Trattati (che affiderebbero all’Unione la facoltà di sviluppare una politica comune in materia di diritto di asilo, norme per l’accoglienza dei richiedenti asilo e protezione sussidiaria - artt. 77-79 del TFUE), sia i propri valori fondativi, alimentando la deriva securitaria e venendo meno al dovere del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Le forze nazionaliste non potrebbero sperare in un regalo migliore.
Chi oggi critica l’Europa, anche in buona fede, chiedendo “che faccia qualcosa”, “ che batta un colpo”, dovrebbe pertanto ricordare che è difficile agire senza avere il potere di decidere, o gli strumenti per intervenire. E’ ora di capire che non serve criticare l’Europa perché non fa, ma serve cambiarla perché possa fare. Questo è il senso della Conferenza sul Futuro dell’Europa che si appresta ad essere varata: dovrà essere l’occasione per aprire una stagione costituente e per dare all’Unione gli strumenti necessari per affrontare con responsabilità quelle sfide a cui oggi assistiamo inermi.
“Il futuro non appartiene ai globalisti. Il futuro è dei patrioti.” Così il presidente degli USA all'Assemblea generale dell'Onu dello scorso anno. In attesa di quel radioso futuro, basta un virus a dare a Trump ed ai suoi sodali qualche dispiacere. Già nel presente e creando confusione nelle schiere nazionaliste. Per non andar lontano, i sovranisti nostrani prima si sono sgolati a chiedere la sospensione di Schengen e la chiusura di porti, aeroporti, frontiere. Scoperti in casa i primi focolai di epidemia, si stracciano oggi le vesti per i lombardi ed i veneti trattati come appestati. Il rapido contagio che in qualche mese ha già toccato i 5 continenti dovrebbe condurci invece a qualche pacata riflessione.
Che si tratti di epidemie o di cambiamenti climatici, il mondo è ormai divenuto una comunità di destino e non bastano certo i proclami a ridare agli Stati e men che meno agli enti regionali e locali quella sovranità che un processo sempre più impetuoso di globalizzazione ha finito per scardinare. La dimensione mondiale dei fenomeni impone, però, una maggiore capacità di governo da parte della politica e non l'abbandono alle forze incontrollate della natura, dell'economia, della tecnologia.
Non si tratta di proporre un superstato mondiale in grado di controllare tutti gli aspetti della vita dei cittadini. Al contrario, i problemi vanno affrontati seguendo i principi della sussidiarietà, della proporzionalità e della responsabilità. Nella vicina Svizzera i Cantoni godono di un'ampia autonomia, ma una norma costituzionale consente al Consiglio federale di avocare a sé la gestione di una crisi avente carattere nazionale. Norma prontamente invocata in questa situazione per determinare comportamenti omogenei su tutto il territorio del Paese. L'Italia non è uno Stato federale, ma le nostre Regioni e talvolta persino i Comuni hanno emanato decine di ordinanze senza alcun reale coordinamento e senza una chiara catena di comando.
Messi in difficoltà dalle nuove circostanze, i cosiddetti sovranisti non hanno trovato spesso di meglio che attaccare l'Europa, l'unico obiettivo che li unisce al di qua e al di là delle Alpi. Una volta distrutta l'Unione, finirebbero per scontrasi tra di loro, come avvenuto nella prima metà del XX secolo. La Signora Le Pen sì è già incaricata di fornire un'anticipazione, chiedendo prontamente la chiusura della frontiera con l'Italia. Alla faccia dell'amicizia con Salvini e dell'alleanza tra leghisti e lepenisti nel Parlamento europeo.
Non resta tuttavia meno vero che l'epidemia in corso rivela che l'Unione manca di competenze adeguate anche in un campo così sensibile come la salute dei cittadini. La crisi economico- finanziaria partita dagli Stati Uniti produsse le sue conseguenze più devastanti proprio in Europa, mettendo a rischio persino la sopravvivenza dell'Unione monetaria. L'esistenza di una istituzione sovranazionale e federale, la BCE, permise di salvare l'euro, ma la mancanza dell'unione fiscale e di un governo economico impedì ed impedisce tuttora all'UE di uscire definitivamente dalla crisi. Ad un decennio di distanza un'emergenza sanitaria scoppiata in Cina è giunta velocemente anche in Europa. Il governo cinese, dopo le prime incertezze, ha preso una serie di drastiche misure che hanno meritato l'approvazione ed il plauso dell'OMS. Non vorremmo che tra qualche anno si potesse dire che il Covid-19 ha avuto gli effetti più negativi proprio nel Vecchio Continente.
La Conferenza sul futuro dell'Europa, che dovrebbe aprirsi il prossimo 9 maggio, è l'occasione per evitare che ciò avvenga. A condizione che la Conferenza non si limiti a ipotizzare la revisione dei Trattati, ma ne elabori uno nuovo per dar vita ad un'Europa federale, come la pensavano i Padri fondatori. Se alcuni Stati membri non accetteranno questo progetto, è arrivato il tempo che i Paesi decisi a condividere una parte della loro sovranità in quei campi non più gestibili a livello nazionale vadano avanti, creando all’interno del quadro comunitario un nucleo integrato politicamente su basi federali.
Il Consiglio europeo straordinario che si sta svolgendo da ieri pomeriggio a Bruxelles per cercare di trovare un accordo sul bilancio a lungo termine dell’Unione europea (Quadro finanziario Pluriennale 2021-2027), sta offrendo ancora una volta uno spettacolo di divisione, invece che di unità, come accade sempre in questi negoziati complessi in cui troppo spesso prevale la ricerca dell’interesse nazionale su quello europeo generale.
Ancora una volta, quindi tutti i proclami che ad ogni riunione vengono lanciati sulle ambizioni che deve avere l’Unione europea per giocare un ruolo geostrategico determinante a livello globale, oppure per diventare la potenza leader della nuova economia sostenibile sul piano ambientale, sociale e generazionale, o per garantire “la sovranità tecnologica” degli europei, o tutelarne la sicurezza, nel momento in cui si devono negoziare le risorse necessarie per raggiungere questi obiettivi diventano all’improvviso slogan senza alcuna sostanza.
Le negoziazioni per il bilancio rappresentano perfettamente le contraddizioni della logica intergovernativa, che corrisponde allo strapotere e al controllo quasi assoluto degli Stati membri sul meccanismo di funzionamento dell’UE. A pagarne le spese sono invece gli europei, vittime di un sistema istituzionale incapace di garantire i loro diritti. Ed è pertanto questo sistema che deve cambiare. La Conferenza sul futuro dell’Europa deve essere l’occasione per farlo.
Sotto questo aspetto, è importante che l’Italia assuma, come Governo e come Parlamento delle posizioni forti e chiare. Il dibattito inaugurato nella giornata di mercoledì 19 alla Camera con la relazione del Presidente Conte in vista del Consiglio europeo di oggi, è una buona partenza, su cui il nostro Paese può costruire. Il presidente Conte ha affermato non solo che l’Italia intende richiedere un bilancio quantitativamente adeguato alle ambizioni dell’UE, ma che ritiene al tempo stesso necessario rinnovare l’architettura del bilancio stesso per introdurre forme nuove di finanziamento, basate su risorse proprie europee. La Camera ha poi approvato, tra le altre, una mozione a firma Fusacchia, Muroni, Quartapelle, Palazzotto, che il Governo ha accolto, in cui si impegna il Governo “a sostenere l’avvio – in tutte le sedi comunitarie, a partire dal consiglio europeo – di una discussione sulla necessità di una capacità fiscale autonoma a livello europeo, con i relativi strumenti necessari per decidere l’entità delle risorse e la loro allocazione, al fine di superare definitivamente lo stallo che l’attuale metodo di definizione del QFP crea essendo subordinato al conseguimento del voto all’unanimità”; inoltre la mozione fa riferimento all’occasione rappresentata dalla Conferenza sul futuro dell'Europa per coinvolgere cittadini, enti territoriali, mondo produttivo e associativo in questo confronto e avviare il processo per rifondare l'Unione europea.
IL MFE, la GFE e il Movimento Europeo Italia hanno deciso di fondare la propria azione su queste priorità. Non possono pertanto non sostenere con forza quanto approvato ieri alla Camera, e ribadire che questa è la via da percorrere, anche se molti altri governi sembrano andare in direzioni opposte. Appiattirsi sullo status quo in questa fase sarebbe un modo sicuro per deludere ancora i cittadini europei, a cui è stata promessa una nuova Europa a zero emissioni, e che rischiano invece di continuare a vivere in un’Europa con zero ambizioni.