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A che punto è il processo di unificazione europea?

Se queste sono le principali sfide che l’umanità deve affrontare in questo momento storico e il contributo che un’Europa federale potrebbe dare alla loro soluzione, ora per noi è il momento di riflettere sullo stato della battaglia politica per costruire l’Europa federale.

Nell’Unione europea di oggi, queste sfide che abbiamo cercato di richiamare stanno avendo un impatto profondamente negativo perché alimentano le forze populiste e nazionaliste e fanno crescere il pericolo della disgregazione dell’Unione europea. Il rischio è reale, per la prima volta: la concentrazione di attacchi esterni (tra cui il più grave è l’atteggiamento per la prima volta apertamente ostile verso l’UE da parte degli USA) e interni, possono portare l’Europa lungo una china in cui la situazione sfugge di mano contro ogni razionalità, come dimostra il caos in cui è precipitato il Regno Unito. L’Europa deve inoltre gestire problemi complessi, come il proprio declino demografico e il suo peso decrescente nel mondo, in termini di popolazione e di PIL, e deve recuperare terreno in molti settori cruciali; ed è così fragile nella sua identità, in questo momento, da farsi mettere in crisi dal problema migratorio, che pure ha dimensioni che non giustificano in alcun modo le reazioni cui si assiste. Infine, deve urgentemente porre fine alle divisioni interne, e in particolare alla conflittualità all’interno del Consiglio europeo tra governi “sovranisti” che chiedono un indebolimento delle istituzioni europee comunitarie e governi pro-europei, a loro volta divisi – spesso lungo l’asse Nord-Sud – tra sostenitori dello status quo e fautori di un rinnovamento dell’Europa. Si tratta di una conflittualità che, in molti casi, paralizza la capacità di azione dell’Unione europea persino nelle materie di sua competenza, e blocca praticamente ogni proposta di rafforzamento della gestione comune nelle materie più sensibili in cui gli Stati mantengono intatta la sovranità.

Per questo il momento di fare un salto di qualità e di rifondarsi è ora, ed è pericolosissimo pensare di rimandarlo o dilazionarlo. E’ venuto il momento di superare lo stato attuale di debolezza. Le condizioni sono maturate in questi anni, ed è arrivato il momento di compiere il salto federale.

1. Il quadro

Le elezioni europee hanno aperto un nuovo scenario in Europa. L’avvio della nuova legislatura ha visto, da un lato, gli elettori rispondere alla sfida lanciata dai nazionalisti sul futuro dell’Europa dimostrando con la loro partecipazione al voto e con la scelta di forze europeiste (spesso nuove, nell’area liberale e verde) di credere nell’Europa e di volerla cambiare rendendola più forte; dall’altro, c’è stato il compattamento del fronte delle forze politiche pro-europee nel Parlamento europeo e l’avvio di una strategia che le vede (dialetticamente) convergere con i leader più impegnati sul fronte europeo, compresa la Presidente della nuova Commissione europea. Al di là delle vicende specifiche (del voto europeo, dell’elezione di Ursula von der Leyen, dell’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo, ecc.), per cui rimandiamo agli interventi specifici fatti nelle diverse occasioni, la novità più significativa è sicuramente la proposta di avviare una Conferenza sul futuro dell’Europa per affrontare la questione di come superare le debolezze dell’Unione, sia quelle di natura esterna (per rafforzare la capacità di agire in modo coeso di fronte ai problemi e alle sfide del nostro tempo, laddove oggi come europei siamo impotenti), sia quelle di natura interna (per superare la paralisi che le divisioni tra Stati membri provocano, e che bloccano anche la possibilità di accordi per trovare una soluzione all’impasse). La proposta della Conferenza è stata avanzata dal Presidente francese Macron nel Manifesto Per un Rinascimento europeo pubblicato il 4 marzo 2019 e indirizzato ai cittadini europei, al fine di proporre tutti i cambiamenti necessari al nostro progetto politico, senza tabù, neanche quello della revisione dei trattati”. E’ stata poi ripresa dai gruppi politici pro-europei nel nuovo Parlamento europeo, che hanno investito la nuova Presidente della Commissione europea della necessità di indire questa Conferenza; ed è stata ripresa nella sua risposta scritta al gruppo degli S&D e a quello di Renew Europe, nonché nel suo discorso di investitura al Parlamento europeo in occasione della sua elezione, da Ursula von der Leyen: “I want European citizens to play a leading and active part in building the future of our Union. I want them to have their say at a Conference on the Future of Europe, to start in 2020 and run for two years”.

Al di là del confronto ancora aperto sulle caratteristiche che dovrà avere e la durata dei suoi lavori, la Conferenza è pertanto ormai data per certa, e dovrebbe essere avviata per l’inizio del 2020.

Si tratta di un’opportunità straordinaria per l’Europa, ed è con questa consapevolezza che dobbiamo pensare a come contribuire a questo processo; a maggior ragione vista l’opportunità costituita dal fatto che il governo francese ha chiamato proprio Sandro Gozi, il nostro Presidente europeo (che si è fatto conoscere in Francia come federalista, sfidando il notorio fastidio francese per il termine) ad occuparsene. Nelle note che seguono cercheremo di evidenziare i punti principali. Per una posizione più dettagliata si rimanda alla Nota inviata con la circolare di fine luglio, che trovate anche sul sito.

2. Le nostre proposte per la Conferenza

Per poter svolgere un compito all’altezza del suo mandato, la Conferenza dovrà avere una struttura che permetta un confronto ampio e indicativo delle posizioni che sono presenti nelle istituzioni europee, nazionali e subnazionali, per farle maturare ed evolvere in sinergia con l’opinione pubblica e la società, che a loro volta devono essere coinvolte con modalità efficaci e innovative per andare a definire l’Europa del XXI secolo.

La Conferenza potrà essere convocata dalla Commissione europea insieme al Parlamento europeo e al Consiglio europeo, o anche ai soli governi nazionali favorevoli, che ne stabiliranno anche il mandato. Nella nostra ottica, i lavori della Conferenza dovranno servire a preparare, sia sul piano della costruzione del consenso, sia sul piano dell’esplicitazione dei contenuti politici, il terreno per avviare il processo costituente. Ciò potrà avvenire o convocando i lavori di una Convenzione che il Parlamento potrà richiedere immediatamente a seguito delle conclusioni della Conferenza, ex art. 48 TUE; oppure, nel caso emergano divisioni che rendono impossibile innescare l'art. 48 TUE, per individuare la diversa procedura ad hoc che la riforma dell'Unione dovrebbe seguire.

I tempi della Conferenza non dovranno essere più lunghi di alcuni mesi: è indispensabile infatti che l’intero processo di riforma dei Trattati possa essere concluso a metà legislatura del Parlamento e della Commissione, nella primavera del 2022, per fare in modo che la seconda metà della legislatura possa già svolgersi nel nuovo quadro. La questione dei tempi e del calendario dei lavori è essenziale: la storia del processo europeo ci insegna che fissare in modo vincolante una road map precisa è una condizione sine qua non per il successo di un’iniziativa; viceversa molte riforme sono deragliate o finite nel nulla proprio perché non c’era stata la possibilità o la volontà di fissare scadenze vincolanti.

A. Obiettivi e contenuti della Conferenza

La Conferenza sarà l’Assise in cui poter affrontare le due questioni fondamentali per il futuro dell’Europa: quali politiche si ritiene debbano essere governate a livello europeo, e quale ruolo gli Europei vogliono assumere a livello globale, e quindi che tipo di attore internazionale ritengono l’Europa debba diventare.

Il consenso condiviso sul primo punto sarà più facile da trovare, perché riguarda temi più abituali per la politica. Il secondo punto, invece, sappiamo che è un nodo più complesso da sciogliere perché va al cuore del problema del modello politico-istituzionale verso cui si ritiene che l’Unione europea debba orientarsi.

Oggi, come abbiamo già analizzato, l’Unione europea è costruita attorno al progetto del Mercato unico ed è strutturata per perseguire nelle altre materie il coordinamento e la cooperazione tra Stati membri sovrani. Questo modello istituzionale non prevede la costruzione di una sovranità europea (l’unica eccezione è costituita dalla moneta) e si accompagna necessariamente ad un’interpretazione del ruolo dell’Europa nel mondo subordinato agli Stati Uniti. Nel mondo di oggi la sua insostenibilità è diventata palese, non solo per i federalisti. Esso infatti impedisce agli europei “di prendere in mano il proprio destino” e rimane ancorato alla visione formatasi nel XX secolo, sulla base di condizioni ormai scomparse. Per questo oggi si parla della necessità di dar vita ad un nuovo “europeismo del XXI secolo” che pensi e costruisca l’Europa come il quadro in cui diventa possibile rispondere alle esigenze di sicurezza e protezione, di benessere e garanzia del futuro, di identità collettiva e di giustizia sociale che i cittadini esprimono. E’ l’idea di dar vita ad un’Europa sovrana, per riprendere il controllo dei processi economici e politici. Noi federalisti sappiamo che questo implica la necessità che l’Europa diventi (finalmente) un’unione politica federale superando la struttura comunitaria definitasi a partire dall’Atto Unico e dal Trattato di Maastricht e a seguito delle ulteriori revisioni di Amsterdam e Lisbona.

La Conferenza deve riuscire a far emergere le diverse visioni, tra chi vuole solo rafforzare il modello esistente (o mantenerlo così come è ora) e chi invece ritiene necessario cambiarlo in modo radicale; si tratta di un passaggio cruciale per poter far avanzare il progetto europeo. L’obiettivo deve essere quello o di costruire una visione comune, oppure di capire come le due diverse posizioni possono convivere in modo sinergico all’interno del quadro dell’UE. A ciò si somma la necessità di chiarire il problema dei rapporti con i paesi che in questo momento non credono più nell’utilità dell’integrazione europea e quindi non solo rifiutano ogni logica di cambiamento nel senso di una maggiore integrazione, ma vogliono addirittura smantellare molte delle istituzioni e delle regole su cui si basa l’Unione europea.

 

 
 

  


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