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L’Italia e il processo europeo

In questo momento in cui stanno per essere licenziate le Tesi, l’Italia è a metà del guado di una crisi politica che non si sa ancora se porterà alle elezioni in autunno – con il rischio drammatico di una vittoria schiacciante della Lega anti-europea – o se riuscirà a dar vita ad un governo a guida PD con il Movimento 5 Stelle, ancorato ad un programma solido condiviso che ha l’Europa come primo punto; oppure se si verificherà un terzo, pessimo scenario, ossia l’avvio di un governo gracile, in cui il Movimento 5 Stelle, anche grazie alle divisioni in casa PD, riuscirà a far valere la sua forza parlamentare con risultati nuovamente molto deludenti e negativi per il paese, portando a breve a nuove elezioni in cui le forze democratiche si ritroverebbero ulteriormente indebolite. E’ chiaro ciò che noi possiamo auspicare in questa fase, anche perché il primo scenario rischia di vedere sommate la Brexit e un’Italia in mano alle destre nazionaliste, rendendo concreto persino un rischio di un tentativo di Italexit e di implosione del sistema europeo. Viceversa, la possibilità di un governo italiano che torni a giocare un ruolo positivo in Europa in una fase cruciale di ridefinizione degli assetti istituzionali e politici darebbe un contributo importantissimo al processo che noi sosteniamo. Alla prossima Direzione nazionale, e ancor di più in Congresso, avremo modo di confrontarci con una situazione ormai definita e potremo valutare e decidere la nostra posizione e il nostro eventuale intervento.

Il Movimento: un bilancio di questi due anni

Le ultime considerazioni delle Tesi sono doverosamente dedicate al Movimento, al bilancio del lavoro portato avanti in questi due anni e mezzo, e al nostro ruolo nella nuova fase della battaglia che si apre.

Dal Congresso di Latina ad oggi sembra passato molto più tempo di quanto non ne sia in realtà trascorso. Sono stati due anni e mezzo intensi, come possono confermare le notizie dell’attività del Movimento che si trovano scorrendo la sezione in cui sono archiviate sul nostro sito. La situazione attuale del Movimento è molto più solida rispetto allo scorso Congresso e siamo riusciti a costruire una forte unità che ha rafforzato la realtà emersa già con l’organizzazione della March for Europe del marzo del 2017. Le campagne portate avanti dal Movimento in questi due anni sono state efficaci e hanno dimostrato una capacità di mobilitazione, di egemonizzazione del dibattito sull’Europa, nonché di influenza sui partiti pro-europei e sul nuovo europeismo davvero notevoli. Le formule che abbiamo man mano elaborato e condiviso negli organi, promuovendo campagne quadro, con momenti stabiliti in cui concentrare le iniziative e al tempo stesso valorizzando la massima flessibilità nelle modalità di lavorare sul territorio per propagandare la nostra piattaforma politica, hanno potenziato la nostra capacità di azione. Lo stimolo che ci è venuto da un clima europeo in cui il dibattito sul futuro dell’Europa ha ripreso vigore e urgenza, e la situazione particolarmente difficile attraversata dal nostro Paese, hanno contribuito fortemente a spronarci per rilanciare la nostra presenza e la nostra attività, moltiplicando i contatti politici e allargando le nostre reti. Anche la nostra strategia comunicativa è migliorata e ha supportato in modo efficace la nostra visibilità politica. Tutto questo ci ha resi più forti, e anche le riflessioni sulla natura della nostra organizzazione, che hanno occupato molto spazio allo scorso congresso, hanno visto il Movimento superare alcune tensioni del passato e confermare in modo convinto la natura militante della nostra organizzazione fondata sull’impegno volontario. Un ringraziamento particolare va poi all’Ufficio del Dibattito che ha offerto al Movimento l’opportunità di sviluppare un dibattito culturale e politico approfondito, mettendo il Movimento in contatto con nuove realtà culturali universitarie che non solo hanno arricchito i nostri contenuti e la nostra formazione di militanti, ma hanno anche costituito un passaggio importante della nostra strategia di cercare di creare legami più stretti con la parte più valida della classe intellettuale italiana.

Tra gli elementi che è importante ricordare nel bilancio di questi due anni vi sono inoltre le collaborazioni importanti che abbiamo sviluppato con il Movimento europeo italiano, in particolare recentemente per l’Intergruppo al Parlamento italiano e nella campagna elettorale europea; e il contributo che abbiamo dato alla sopravvivenza dell’UEF, molto più fragile dopo la crisi dei finanziamenti e la situazione di difficoltà in cui continua a versare sul piano finanziario e che incide molto sul funzionamento della segreteria a Bruxelles: è soprattutto grazie ai contributi dei militanti e delle sezioni del MFE che l’UEF ha potuto superare l’emergenza di cassa che rischiava di portarla alla bancarotta, ed è sempre soprattutto grazie al nostro lavoro che ha sviluppato in questi anni posizioni politiche importanti e che è riuscita ad avere alla presidenza una figura prestigiosa come Sandro Gozi che in questi mesi di difficoltà ha contribuito moltissimo a dare visibilità all’UEF e a tutti i federalisti europei. La nostra organizzazione europea resta tuttavia debole, non possiamo nascondercelo, e oggi è forse anche più fragile.

Tutto questo non significa che non ci sia sempre molto da migliorare o che non ci siano ostacoli davanti a noi. La sfida per la sopravvivenza del federalismo organizzato autonomista è sempre difficilissima e non è mai vinta in modo definitivo. Soprattutto, continuiamo a scontare la nostra eccentricità (voluta perché necessaria) rispetto al sistema di potere e la difficoltà di un lavoro politico fondato esclusivamente sulla motivazione morale e sull’impegno politico, culturale e organizzativo volontario dei militanti. Questo ci carica, tutti, di un’enorme responsabilità collettiva, per garantire la continuità di questa esperienza che ancora oggi, come in tante occasioni nel passato, può fare la differenza nel momento in cui l’Europa deve affrontare la sfida esistenziale forse più radicale della sua storia dopo la caduta della CED.

Nel contesto di questa sfida che si profila dobbiamo sapere utilizzare al meglio il patrimonio del nostro bagaglio politico e culturale. Un po’ di federalismo europeo si è radicato anche nelle forze politiche pro- europee, ma il fuoco che il MFE riesce a tenere sui problemi e sulla necessità, da un lato, e sulla natura, dall’altro, di un’Europa federale non è paragonabile a quello di nessun altro, necessariamente: noi soli esistiamo per questo e noi soli viviamo di questo e sviluppiamo gli anticorpi ad ogni nazionalismo, anche a quello che si maschera di comunitarismo e ritiene che l’Europa che abbiamo “vada già quasi bene”. Noi sappiamo cosa manca: il potere europeo, quello che gli Stati europei non vogliono lasciare andare anche se ne conservano solo un pallido simulacro - il potere di veto – avendo perso il potere di fare.

Oggi, le ragioni del federalismo europeo non sono mai state così vere: la pace, la questione ecologica, un nuovo comunitarismo e la democrazia multilivello organizzata su base federale, che porta al superamento della dimensione nazionale dell’esercizio democratico della politica e alla possibilità di unire i popoli, aprendo al mondo nuove, straordinarie opportunità. E’ con queste ambizioni che noi ci misuriamo e misuriamo il senso della nostra battaglia per l’Europa federale; ed è questa consapevolezza che ci deve motivare e a cui dobbiamo fare riferimento nel prepararci all’impegno, forse decisivo, dei prossimi due anni.

 

 

  


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