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Dopo la CED, le Comunità economica europea e la campagna del Congresso del popolo europeo

Il contesto

Nel 1955 a Messina, sull’onda della delusione per la caduta della CED, la Conferenza dei ministri degli esteri dei sei paesi della CECA incaricò il ministro degli esteri belga, Paul-Henri Spaak, di elaborare un piano per la creazione di una Comunità economica e di una Comunità per l’energia atomica: nelle aspettative dei politici, la graduale integrazione delle economie dei Sei avrebbe creato le condizioni per l’unificazione politica dell’Europa.

Si giunse così ai Trattati che istituivano la Comunità economica europea (CEE, il cosiddetto “Mercato comune”) e la Comunità europea per l’energia atomica (Euratom) sottoscritti nel 1957 a Roma.
Le tre Comunità furono fuse in un’unica organizzazione nel 1967.

La Gran Bretagna avanza, nel 1961, la richiesta di entrare nella CEE sia per goderne dei successi sia con la speranza di rallentarne il progresso verso una vera unione economico-monetaria agendo dall’interno.
I negoziati per l’allagamento furono inizialmente bloccati dal veto della Francia del generale De Gaulle, ma, ripresi alla sua caduta, portarono nel 1973 all’ingresso nella Comunità europea di Gran Bretagna, Danimarca, ed Irlanda.

L’analisi politica del MFE

Gli ideatori dei Trattati di Roma erano guidati dalla convinzione, propria dell’impostazione funzionalistica, che l’integrazione economica avrebbe, prima o poi, condotto pressoché automaticamente all’unificazione politica.

La realizzazione delle prime tappe del MEC permise una rapida espansione delle economie dei Sei, il cosiddetto miracolo economico europeo, rafforzando di fatto gli Stati nazionali e mettendo temporaneamente in secondo piano il problema dell’unificazione politica. 

Il MFE denunciò questa illusione e ritenne più in generale che nella situazione successiva alla caduta della CED fossero venuti meno tre fattori fondamentali che favorivano l’apertura dei Governi a realizzare la Federazione europea in tempi brevi: (i) la spinta americana a favore dell’integrazione europea (con l’obiettivo di creare un baluardo solido contro l’URSS), (ii) il timore acuto dell’espansionismo sovietico (la morte di Stalin e i primi accenni di distensione Est-Ovest avevano anche contribuito in modo decisivo a far cadere la CED); (iii) il problema di evitare il riarmo nazionale tedesco era avvertito con minore preoccupazione.

L’azione del MFE

In questa situazione il MFE ritiene che il suo compito fosse quello di rivendicare in modo intransigente la federazione europea e la costituente europea. Ma soprattutto di mantenere viva nell’opinione pubblica tale rivendicazione sulla base di una critica radicale delle iniziative europeistiche dei governi, in attesa che le prossime crisi rivelassero la loro inadeguatezza per avanzamenti federali.

Il MFE diede quindi inizio ad una grande campagna per rivendicare il potere costituente del popolo europeo. Negli anni 1956-1962 organizzò elezioni primarie in varie città d’Europa per dare vita a un Congresso del popolo europeo (CPE, che si ispirava all’esempio del Congresso nazionale indiano di Gandhi) di una specie di elezioni primarie (fu il primo esempio in tal senso in Europa) in varie città d’Europa per dare vita a un congresso permanente dei rappresentanti del popolo europeo. Il coinvolgimento di un numero crescente di cittadini europei avrebbe dovuto forzare i governi alla convocazione della costituente europea. La campagna si esaurì dopo che i partecipanti alle elezioni del CPE raggiunsero la quota di 650.000, dei quali 455.000 in Italia.

Il Censimento volontario europeo

Il contesto

Negli anni ‘60, con l’avvicinarsi della fine del periodo transitorio del Mercato comune, si trattava di passare da un’integrazione economica negativa (l’eliminazione degli ostacoli alle libertà di movimento) allo sviluppo di un’integrazione positiva (cioè delle politiche pubbliche europee necessarie per affrontare gli squilibri regionali, sociali e settoriali che gli automatismi di mercato non sono in grado di correggere) e di affrontare i problemi posti da un mercato sempre più integrato ma con 9 monete diverse.

L’analisi politica del MFE

Quando l’Europa, avrà un vero governo, ciascuno potrà, col proprio voto, rafforzare questo o quel partito europeo, per sostenere la politica europea corrispondente ai propri ideali e interessi.

Ma nell’Europa di oggi, che non esiste ancora come organizzazione democratica, ciò che tutti possono fare per l’Europa è solo dichiararsi per l’unità europea.

Mario Albertini

L’azione del MFE

Spinelli lasciò la guida del MFE, ma la mobilitazione dell’opinione pubblica a favore della convocazione della costituente europea fu ripresa fra il 1963-1966 sotto la guida di Albertini (che sostituì Spinelli alla guida del MFE) attraverso la campagna del Censimento volontario del popolo federale europeo, che avrebbe dovuto sboccare nel rilancio su ampia scala del CPE. Questa campagna si esaurì dopo aver raggiunto circa 100.000 adesioni.

Le campagne del CPE e del Censimento non portarono alla costituente europea, ma ebbero il merito di mantenere viva, in una fase storica in cui i successi dell’integrazione economica tendevano a nascondere i limiti strutturali delle Comunità europee, l’alternativa democratica e federale a una costruzione europea, la quale era debole e precaria proprio perché escludeva la partecipazione popolare. 

Anche se solo una piccola parte dell’opinione pubblica fu in grado di conoscere il messaggio dei federalisti, queste campagne popolari costituirono il primo esempio nella storia europea di un’azione politica di base capace di svilupparsi in modo unitario al di là delle frontiere nazionali in diversi paesi d’Europa.

 

  


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