Cari Amici e care Amiche,
Interrompo per oggi il flusso delle circolari informative in vista della manifestazione del 15 marzo a Roma, per alcune informazioni relative ai nostri temi politici. In questi giorni infatti il dibattito sulla sicurezza ha dominato la scena politica. La necessità di prendere atto dalla nuova realtà dell’Amministrazione americana sta spingendo gli Stati europei - o meglio, alcuni tra essi - a cercare di reagire e di capire come fare per non lasciarsi schiacciare. Il nodo cruciale è la difesa dell'Ucraina e la consapevolezza che permettere a Putin di vincere la guerra, mentre oltretutto Russia e USA sembrano trovare un’intesa sulla pelle di Kyiv e dell’Unione europea, costituisce un pericolo esistenziale per tutta l’Europa. Macron si è rivolto ai francesi parlando esplicitamente del rischio di ritrovarsi in guerra e della necessità per i cittadini di capire il cambiamento radicale che è avvenuto e che riporta gli europei a confrontarsi con il pericolo di un nemico che mira ad allargare la propria egemonia sul nostro continente.
Il Consiglio europeo del 6 marzo e le proposte avanzate da Ursula Von der Leyen con il ReArm Europe Plan si inseriscono in questo quadro. A questo proposito, credo che i federalisti debbano aiutare fornire le chiavi di lettura per quanto sta accadendo, sgombrando il campo da molte ambiguità e fraintendimenti e cercando di orientare correttamente le forze politiche pro-europee, al di là dei oro posizionamenti legati agli equilibri interni ai vari schieramenti. In particolare, è necessario capire e far capire che in questo momento il processo in direzione di una difesa europea sta muovendo solo i primi passi, e che ci sono dei passaggi ineludibili, se si vuole arrivare a costruirla. Il primo passo ineludibile è quello di manifestare la capacità di mobilitarsi per l’Ucraina. Anche se il risultato sarà parziale, il fatto di mostrare la volontà di darsi un coordinamento tra alcuni Paesi europei insieme ad altri Paesi extra-europei membri della NATO, esclusi gli USA, per intervenire a sostegno della sicurezza ucraina è una pre-condizione per affermare l’esistenza dell’Europa in quanto tale e per attivare la volontà di integrarsi poi in modo molto più stretto. Quello che si sta facendo ora non è la difesa europea, e soprattutto non può essere la difesa europea. Con gli strumenti che ci sono, con le alleanze che si possono costruire si cerca di dar vita ad un polo di Paesi democratici che vogliono affermare una diversa visione dei rapporti internazionali, ribadire il valore della democrazia e della libertà e della solidarietà, e che non vogliono farsi schiacciare dai nuovi imperi. La minaccia è oggi, e la nostra debolezza ci rende immensamente vulnerabili; ed è per questo che la reazione europea deve essere immediata, anche se, per forza di cose, è molto inadeguata. Il Consiglio europeo straordinario del 6 marzo e le proposte di Ursula von der Leyen con il ReArm EU si capiscono in questo contesto. La Commissione - che, in materia di difesa, dà semplicemente forma a quanto stabilito dagli Stati membri - ha voluto creare le condizioni innanzitutto per mostrare che tutta l’UE era unita nella volontà di aumentare le proprie capacità militari - non tanto, come qualcuno fa notare, per difendere l’Europa, ma per difende l’Ucraina abbandonata dall’alleato americano, che ha bisogno di supporto anche militare (per questo il ReArm EU). La natura limitata e insufficiente delle proposte di questo piano sono quindi dovute sia al fatto che con i poteri che ha era davvero impossibile per la Commissione fare qualcosa di più incisivo, specie per quanto riguarda un Fondo per la difesa; sia alla necessità di non andare oltre un minimo accettabile per tutti, per dare un’idea di compattezza. Questo spiega anche le risoluzioni dei gruppi politici pro-europei nel Parlamento europeo, che infatti parlano “di un primo passo”.
Quando si parla invece di avviare davvero la costruzione di una difesa europea, si parla di una responsabilità degli Stati membri. L’ipotesi più realistica in questo nuovo quadro, è quella che un’avanguardia di Paesi (che non potrà che essere guidata da Francia e Germania, non appena la Germania avrà un governo e dimostrerà di essere nuovamente tornata a dare il suo apporto fondamentale al rafforzamento dell’Europa) si muova in questa direzione. Questa è la proposta contenuta nella mozione che trovate in allegato in vista del Congresso di Lecce a firma Mercedes Bresso, Stefano Castagnoli, Domenico Moro, Giulia Rossolillo, Luisa Trumellini. La risoluzione (che vuole accompagnare la Mozione di politica generale 1, a firma Castagnoli, Rossolillo, Trumellini) è il risultato di un lavoro comune tra i firmatari, a partire dalla proposta avanzata da Mercedes Bresso e Domenico Moro una settimana fa; il documento si sofferma sull'indicazione che un gruppo di Stati utilizzi la PESCO (la cooperazione strutturata permanente) per dar vita ad una forza militare integrata, forzando al tempo stesso i Trattati in merito alla governance che il gruppo si darebbe per iniziare a costituire questa nuova forza multinazionale. Anche se gli Stati che danno vita alla PESCO resterebbero necessariamente i titolari in ultima istanza del destino dei loro reparti che compongono la forza europea e manterrebbero la responsabilità in ultima istanza sul loro utilizzo, affiderebbero alle istituzioni europee funzioni di coordinamento e controllo che - con il loro accordo - assumerebbero così una dimensione sovra-nazionale; in questo modo, questa avanguardia rafforzerebbe anche la spinta verso una riforma dei Trattati per creare un governo europeo federale, perché promuoverebbe un gruppo “di volonterosi” più integrato, e perché accentuerebbe anche nel campo della difesa l’evidenza della necessità di poteri democratici federali per completare il processo di una difesa europea, evidenzierebbe le questioni legate la bilancio, nonché l’esigenza di una politica estera davvero europea, così via.
Il tema della difesa europea, come avete avuto modo di leggere da alcuni messaggi passati sulle liste, nelle ultime settimane è stato al centro anche del confronto in UEF, dove le proposte dell’EB, inizialmente molto insoddisfacenti e non accolte dalla Vice Presidente Giulia Rossolillo, sono poi state riviste in profondità dopo gli interventi che Stefano Castagnoli ha proposto a nome del MFE al Comitato federale UEF, quando l’organo decisionale UEF è stato coinvolto per raccogliere pareri. Il risultato al momento è che la versione rivista dall’EB è una proposta in fieri in cui è caduta la pretesa di fare la difesa all’unanimità, e si parla sia della possibilità offerta dalla PESCO o da un Trattato separato (https://federalists.eu/federalist-library/proposal-on-a-common-european-defence/); ed è affiancata da un Memorandum dell’Action Committee che l’UEF sta promuovendo con la JEF, il Gruppo Spinelli e l’Association Jean Monnet, che trovate in allegato.
Il dibattito in UEF sul tema della difesa continua con due eventi on line molto interessanti che vi segnalo e vi consiglio di seguire, per chi parla inglese: il lunedì10 marzo alle 18, il Gen. Vincenzo Camporini si confronta con il Presidente dell’UEF, Domènec Debesa, e modera Giulia Rossolillo; qui il link, anche per iscrivervi e ricevere il link zoom: https://federalists.eu/event/fc-round-table-building-a-european-defense-technical-challenges-and-institutional-perspectives/ .
Mentre domenica 16 marzo, dalle 9.30 alle 12.30, dibattito aperto nella PC3 del Comitato federale UEF per discutere sul tema: TIME TO BUILD THE UNITED STATES OF EUROPE. WHICH CREDIBLE INITIATIVES FOR EUROPEAN DEFENCE?
Nei prossimi giorni riprenderemo anche le informazioni e il coordinamento per la nostra partecipazione alla manifestazione del 15 marzo a Roma.
Augurandovi buon lavoro, vi saluto cordialmente,
Luisa Trumellini
Documenti allegati
Mozione "Fare la difesa europea" |
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"Memorandum on a Defence Union" dell'UEF |