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INIZIATIVA FRANCO-TEDESCA: IL GOVERNO ITALIANO PARTE CON IL PIEDE SBAGLIATO

 

Di fronte alle prospettive di un ulteriore aggravarsi della crisi che, come ha ammonito il Presidente della BCE Jean Claude Trichet di fronte al Parlamento europeo, ormai intacca la credibilità del sistema bancario dei principali paesi europei, la Francia e la Germania hanno annunciato il 9 ottobre di voler proporre entro fine mese delle soluzioni definitive sul piano finanziario ed istituzionale. Queste proposte non sono state ancora rese pubbliche ma, come hanno detto la Cancelliera Merkel ed il Presidente Sarkozy durante la loro conferenza stampa congiunta, esse sono state trasmesse agli altri governi nazionali per poter poi essere ufficialmente presentate, discusse ed eventualmente adottate in occasione del prossimo Consiglio europeo (che forse non a caso è stato rinviato di una settimana).

Al di là dei dettagli, non ancora resi noti, delle proposte, le decisioni che i paesi dell’euro dovrebbero prendere sono ormai chiare: sul piano finanziario nell’immediato, per salvare l’euro, i governi ed  parlamenti nazionali dovrebbero cooperare e coordinarsi per ricapitalizzare e proteggere le principali banche nazionali, con strumenti e meccanismi sia nazionali sia europei; sul piano politico, per dare una prospettiva di stabilizzazione della crisi in Europa, sia ai mercati sia ai maggiori interlocutori mondiali, queste misure dovrebbero essere inquadrate in un piano di approfondimento a breve termine dell’integrazione economica, fiscale e politica dell’eurozona. Condicio questa sine qua non per rendere  credibile non solo la sopravvivenza, ma anche il rilancio dello sviluppo e della crescita europea. Il problema è che per realizzare un simile piano occorrerebbe riformare profondamente i trattati esistenti -  prospettiva questa che non è credibile a ventisette - oppure bisognerebbe adottarne un altro che si raccordi con l’architettura esistente.

Di fronte alla portata e alla natura di questi problemi è sorprendente che la classe politica ed il governo italiani abbiano in generale reagito in modo superficiale e maldestro. Emblematica a questo proposito è stata la dichiarazione del Ministro degli Esteri Frattini il quale, criticando l’iniziativa franco-tedesca, ha affermato: “Sarebbe molto meglio rilanciare un metodo realmente comunitario, che faccia sedere tutti i Paesi membri intorno al tavolo del Consiglio”. Ora, se siamo arrivati a questa impasse, è proprio perché ad essa ci ha condotto il metodo comunitario, che fa sedere tutti i paesi intorno ad un tavolo, ma che non prevede un governo sovranazionale dotato di poteri effettivi. Il problema, piuttosto, è quello di avviare un’azione per superare questo metodo ed innescare un processo costituente federale – almeno tra i paesi che sono disposti a mettere in gioco davvero la loro sovranità in campi cruciali come la fiscalità, il bilancio, la sicurezza - con il coinvolgimento dei cittadini e dei loro rappresentanti. Il fatto è che non basta, come ha fatto il 16 settembre il Ministro Frattini dire che “Roma è pronta a trasferire tutta la sovranità nazionale necessaria per creare un vero governo centrale europeo”; bisogna poi essere disposti a far seguire alle parole i fatti e non, per esempio, smentire questo impegno facendo mancare l’appoggio dell’Italia per aumentare le risorse di bilancio europeo, oppure non entrare nel merito politico delle questioni poste dalle iniziative franco-tedesche.

Il redde rationem non sta venendo solo per l’Europa, ma anche per l’Italia. Se le istituzioni e la classe politica italiana vogliono giocare un ruolo in questa fase cruciale e decisiva della lotta per fare l’Europa, non hanno alternative: devono riportare concretamente la loro azione nel solco della tradizione federalista di Einaudi, De Gasperi e Spinelli. Nella fattispecie oggi questo significa porre al centro del dibattito e del confronto politico europeo il problema della realizzazione della federazione nella confederazione. Solo in questa prospettiva si potrà dissuadere la Francia e la Germania dall'imboccare strade meramente intergovernative, che portano inevitabilmente a un direttorio europeo, e a definire insieme ai paesi che lo vorranno le politiche e le istituzioni necessarie a governare la crisi finanziaria in un quadro federale.

12 Ottobre 2011

  


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