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EurozonaSopravviverà l’euro? Alcuni dicono (sperano?) di no (si vedano in proposito i commenti apparsi su Die Spiegel - Sbatti il greco in prima pagina -, Frankfurter Allgemaine Zeitung - È ora di tornare a casa -, e lo studio del Tesoro britannico - euobserver: EU treasury pondering the end of the Euro). Altri individuano il nodo che sarebbe necessario sciogliere per garantirne la sopravvivenza, cioè creare un’unione politica, ma dichiarano apertamente di non volerlo sciogliere, come ha fatto Gideon Rachman nel suo articolo sul Financial Times (Political union cannot fix the euro, 20-06-11). Altri infine denunciano la follia di voler mantenere le sovranità nazionali dopo aver creato la moneta europea, come ha fatto il governatore della Banca centrale olandese Nout Wellink: "You can say that the decision-making mechanism in Europe, in terms of calls for unanimity in times of crisis, does not work. There are moments when (national) sovereignty needs to be dismantled… My personal view is that we should be working towards political integration"; oppure come ha ribadito Joschka Fischer in occasione di un recente seminario svoltosi a Londra. Ma questi ultimi purtroppo non danno indicazioni su come promuovere una efficace e credibile azione politica su questo terreno: come spesso è già accaduto in passato, le denunce alle storture europee vengono da chi è giunto a fine mandato (come il governatore olandese) oppure da chi non ricopre più importanti incarichi di governo (come Fischer). Ovviamente ben vengano simili denunce, ma sarebbe ora che alle parole incominciassero a seguire dei fatti concreti, degli impegni precisi su fronti specifici, come quello della costruzione della federazione europea in quella che ormai è con sempre maggiore evidenza destinata a rimanere una Unione (confederazione) allargata sempre più debole e lontana dai cittadini; e

come quello della mobilitazione delle forze politiche, sociali, imprenditoriali e dell’opinione pubblica in generale sul terreno di rivendicazioni di politiche e risorse adeguate ed europee per far uscire il Vecchio continente dall’impasse in cui esso si trova.

Solo se si manifesterà una simile volontà si potrà sperare di trasformare l’indignazione crescente che si manifesta nella società europea nei confronti della politica, dei governi e delle istituzioni per la mancanza di prospettive di crescita e sviluppo, in una forza positiva sul terreno della costruzione di un futuro europeo. Altrimenti l’indignazione, inevitabilmente, finirà per alimentare nuove avventure populiste e nazionaliste, con le conseguenze che si possono immaginare. Per questo i federalisti hanno lanciato una Campagna per la federazione europea e sono impegnati a costruire uno schieramento europeo su di una iniziativa dei cittadini europei per realizzare un piano di sviluppo e crescita.

Continuare ad illudersi che basti parlare della governance economica e cercare di risolvere uno alla volta i problemi che pone l’architettura istituzionale dell’Unione europea nella gestione della crisi economica e finanziaria – e soprattutto sperare che i tempi di sviluppo della crisi si adeguino alla lentezza delle reazioni europee -, rischia di essere fatale. A conferma del groviglio di contraddizioni in cui si trovano gli europei, si può considerare quanto riporta l’Agence Europe (15-06-11), a proposito del dibattito sulla procedura decisionale da introdurre per far rispettare il Patto di stabilità e crescita. “Réuni mardi soir lors d'un dîner informel – riferisce l’Agence Europe - le Conseil Écofin n'a pratiquement pas fait évoluer sa position dans le cadre des négociations avec le Parlement européen sur le paquet législatif renforçant la gouvernance économique en Europe. Les discussions ont essentiellement porté sur la procédure décisionnelle du Pacte de stabilité et de croissance (PSC) renforcé et sur l'élaboration du tableau d'indicateurs macro-économiques. Les négociations informelles se poursuivaient ce mercredi en vue de décrocher un accord politique interinstitutionnel d'ici au prochain Conseil européen. Une question épineuse concerne la faculté de rendre plus automatique la prise de décision dans le cadre de procédures pouvant mener à des sanctions d'États membres qui enfreindraient le PSC. Le Parlement européen souhaite généraliser 'la majorité qualifiée inversée' selon laquelle une proposition est adoptée sauf si une majorité qualifiée de pays s'y opposent. Sur la base d'un accord franco-allemand scellé l'automne dernier à Deauville, le Conseil accepte dans certains cas ce type de prise décisionnelle mais il conserve un verrou politique permettant aux États membres de demander à un pays, à la majorité qualifiée, de prendre des mesures pour corriger son déficit et/ou son endettement excessifs. Il s'appuie sur le Traité de Lisbonne qui ancre la décision à la majorité qualifiée dans le cadre du PSC. Faisant un pas en direction du PE, la présidence hongroise a quand même suggéré que la 'majorité qualifiée inversée' s'applique à la nouvelle procédure pour déséquilibre macro-économique excessif. L'Allemagne, la Suède, les Pays-Bas ont dit qu'ils étaient pour, la France et d'autres pays du sud de l'Europe comme l'Espagne s'y sont opposés”.

Leggendo simili bizantinismi, come sperare che i giovani e gli europei in generale riprendano nuovamente fiducia e credano nell’Europa,? Come sperare che gli speculatori e i nemici dell’Europa non scommettano (e non lavorino) sulle fine dell’euro? Ecco perché è urgente rilanciare un piano politico europeo.

  


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