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Comunicato stampa

Il trionfo dell'insurrezione popolare, che ha abbattuto la dittatura sanguinaria e corrotta di Yanukovich segna la ripresa del processo democratico in Ucraina. Ma la crisi non è finita. Il riflusso che ha conosciuto la primavera araba mostra che la caduta di dittature oppressive rappresenta solo il primo passo di una difficile transizione. La transizione alla democrazia necessita di due presupposti: sviluppo economico e stabilità internazionale.

L'Ucraina è sull'orlo del disastro economico. Gli oligarchi che si sono impadroniti del potere economico, grazie alla transizione selvaggia al capitalismo, hanno saccheggiato il paese e piegato la classe politica al loro potere. Il piano di aiuti di emergenza, in parte già erogati da Mosca, ha indotto Kiev a non firmare l'accordo di associazione con l'UE, la quale, con la sua irrilevanza politica, ha saputo solo contrapporre dichiarazioni retoriche.

Ma il rischio più grave che corre il paese in questo drammatico momento è quello dello smembramento. Se la situazione dovesse sfuggire al controllo delle forze politiche e delle potenze esterne, si aprirebbe la crisi mondiale più più pericolosa dalla fine della guerra fredda lungo la linea di faglia che divide due grandi regioni del mondo: l'Unione europea e la Comunità degli Stati indipendenti (CSI). Il Paese è diviso: l'Ucraina occidentale è filo-europea, quella orientale è filo-russa.

Si deve aprire subito un negoziato che associ tutte le forze politiche interne e le impegni nella costruzione di un accordo che mantenga l'unità del paese e sviluppi nuove forme di cooperazione organizzata tra le due organizzazioni regionali. Invece di applicare la logica tradizionale “o di qua o di là” dell'era del nazionalismo, perché non applicare quella dell'”e di qua e di là” del modello federalista? Un federalismo di tipo nuovo può aprire la via alla sperimentazione di una formula istituzionale che consenta l'associazione dell'Ucraina sia allo spazio economico europeo sia all'unione doganale centro-asiatica: una formula che permette di evitare la guerra civile e di salvaguardare l'integrità territoriale del paese.

L'Ucraina non è un caso isolato. Esistono esempi analoghi di Stati-cerniera tra due grandi regioni del mondo (per esempio la Turchia, al confine tra Europa e Medio Oriente o il Messico, al confine tra Nord America e America latina), i quali possono svolgere il ruolo di ponte ed essere veicolo di nuove forme di solidarietà interregionale.

L'Ucraina dipende, come l'UE, dal rubinetto del gas e del petrolio russo. Nello stesso tempo, l'Ucraina rappresenta un elemento strategico dell'unione doganale centro-asiatica che Mosca vuole promuovere, ma che non sarebbe, per il momento, in grado di fare fronte alla concorrenza europea. Un accordo economico che assicuri la cooperazione tra le due regioni sul piano degli approvvigionamenti energetici (da parte della Russia) e delle tecnologie più avanzate (da parte dell'UE) e vincoli l'accordo all'affermazione nella CSI dei principi della democrazia rappresentativa e dello Stato di diritto rappresenta la condizione per avviare a soluzione la crisi dell'Ucraina in un  quadro di stabilità e di cooperazione tra comunità regionali contigue.

L'irrilevanza politica di cui ha dato prova l'UE in questa drammatica vicenda mostra che l'anello mancante per costruire un nuovo ordine politico ed economico internazionale è un'Europa che sia capace di parlare con una sola voce.

24 febbraio 2014


  


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